Marco Federici — Solution & Security Engineer
La prima volta che ho messo mano a un’infrastruttura disordinata ricordo la sensazione precisa: era come aprire una soffitta piena di oggetti accatastati negli anni, senza etichette né logica. Server dimenticati, policy in conflitto, strumenti che non si parlavano. Per molti sarebbe stato solo caos. Io invece ho provato una strana soddisfazione: dentro quel disordine c’era un disegno che aspettava solo di essere messo in luce.
Da allora questo è diventato il filo conduttore del mio lavoro: trasformare complessità in ordine, sistemi sparsi in soluzioni coerenti, ambienti fragili in infrastrutture solide e sicure.
Fare da ponte
Ho lavorato con tanti strumenti e piattaforme: VMware e vSAN per la virtualizzazione, Horizon per il workspace remoto, Intune e Workspace ONE per governare dispositivi e policy, Microsoft 365 e Google Workspace per collaboration e identità, sistemi di backup e disaster recovery, strumenti di sicurezza avanzata.
Ma non è questo il punto. Il vero valore non sta nei singoli prodotti, ma nella capacità di metterli in dialogo.
È qui che mi riconosco: nel fare da ponte tra mondi che sembrano separati, collegare tecnologie diverse e tirare fuori un sistema che funziona meglio della somma delle sue parti.
Una visione concreta
Ogni progetto che affronto segue una logica semplice: non basta che funzioni oggi, deve restare chiaro, gestibile e sicuro anche domani.
Per questo insisto su tre aspetti:
Affidabilità: niente soluzioni improvvisate, ma strutture stabili che resistono ai cambiamenti.
Chiarezza: documentazione, runbook, processi leggibili da chiunque, non solo dall’esperto che li ha creati.
Automazione intelligente: togliere il peso delle operazioni ripetitive e lasciare spazio al lavoro che conta davvero.
Non progetto per me stesso, progetto per chi dovrà gestire quei sistemi tra un anno, cinque anni, dieci anni.
Oltre i sistemi
Credo che l’IT non debba mai essere protagonista. Deve stare dietro le quinte, invisibile, come una macchina perfetta che lavora senza farsi notare.
L’utente finale deve solo premere il pulsante e avere fiducia che tutto funzioni. Il manager deve vedere numeri chiari e sapere che i rischi sono sotto controllo. Il tecnico deve trovare documentazione limpida e sapere esattamente dove mettere le mani.
Quando tutti questi livelli convivono senza attrito, so che il mio lavoro ha senso.
La mia attitudine
Fuori dal lavoro coltivo passioni come fotografia, pittura, modellismo e stampa 3D. Sono attività lente, che richiedono pazienza e occhio per i dettagli. Ma soprattutto mi ricordano che ogni grande risultato nasce dall’unione di tanti piccoli gesti.
Lo stesso vale per l’IT: non è mai solo questione di tecnologia, è questione di cura. Di vedere il particolare che fa la differenza e il quadro d’insieme che tiene tutto insieme.
Se dovessi descrivere in poche parole il mio approccio, direi questo:
immaginare sistemi complessi e costruirli in modo che sembrino sempre esistiti, familiari, naturali.
"L'ordine è il piacere della ragione, ma il disordine è la delizia dell'immaginazione". Paul Claudel